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Immagine del redattoreMonica Canducci

Fatti, Pregiudizi e Opinioni: Per Fare Luce...


Mi ci è voluto un po' di tempo per scrivere questo post perché si tratta di un argomento delicato. È un post senza pretese, solo un modo per condividere alcuni pensieri.

Quando ho iniziato a vedere post e articoli sul video che mostrava il Dalai Lama che chiedeva a un bambino di "succhiargli la lingua", ho anche notato subito come le persone che commentavano hanno iniziato a schierarsi. Una parte molto indignata per le implicazioni sessuali di questo gesto, e un'altra molto sulla difensiva perché "era solo uno scherzo" e "mostrare la lingua è considerato un segno di rispetto in Tibet".


Questo mi fa subito pensare a ciò che viene chiamato ‘pregiudizio (bias) cognitivo’, ossia la tendenza del nostro cervello a semplificare l'elaborazione delle informazioni attraverso un ‘filtro’ di esperienze, preferenze o convinzioni personali. Noi ‘vediamo’ ciò che ci è familiare, culturalmente e personalmente parlando, qualcosa che riflette la nostra esperienza del mondo.


La mia conoscenza della psicofisiologia e della neurologia e la mia esperienza nel campo mi hanno fatto pensare immediatamente alla demenza, o comunque a un problema cerebrale, a causa della sua età e del fatto che è successo durante un evento pubblico (si può dire che questo è il mio bias: il mio background).

Avrei pensato alla demenza, o a un danno cerebrale, indipendentemente dal nome della religione che quest’uomo rappresenta. Non per giustificarlo, ma per capire cosa c’é dietro il suo comportamento.

Quando alcune specifiche aree del cervello sono compromesse a causa di un danno temporaneo o permanente, i ‘filtri’ comportamentali di quell'individuo non possono funzionare correttamente. Quindi, se un individuo era solito inibire comportamenti inappropriati, in presenza di alcuni danni cerebrali il sistema di inibizione potrebbe non funzionare più e il comportamento inappropriato potrebbe manifestarsi. In alcuni casi, il danno cerebrale può anche alterare completamente il comportamento di un individuo, e non si può dire se il comportamento disfunzionale che l'individuo inizia a mostrare gli appartenga e sia stato semplicemente ‘sotto controllo’ fino a quel momento, o se sia dovuto al danno.

Quindi, nel caso del Dalai Lama, penserei che se un individuo nella sua posizione e nel suo ruolo improvvisamente inizia a mostrare questo tipo di comportamento, potrebbe manifestare sintomi di demenza o altri problemi cerebrali.

Tutti noi abbiamo un ‘mostro’ o una ‘bestia’ dentro di noi. Tutti noi ospitiamo un ‘lato oscuro’ e parte del lavoro su noi stessi consiste nel capire come si presenta.

Può essere una ‘bestia’ diversa per ciascuno di noi. Per alcuni la bestia può mostrare le sfumature dell'avidità, per altri della lussuria, per altri ancora dell'ira, della sete di potere o di chissà cosa... Di sicuro, ci sono bestie più disgustose di altre. I percorsi spirituali hanno lo scopo di aiutare gli individui a domare il loro ego e a trasformare il loro lato oscuro, o il loro mostro, in qualcosa di gestibile e possibilmente utile alla loro crescita personale.

Nel nostro cervello esistono aree progettate per tenere a bada queste ‘bestie’.

Queste aree possono tenere a bada le bestie così bene che alcune persone non sospettano nemmeno che esistano.

E a volte la bestia è un burlone, qualcuno che si diverte a prendere in giro gli altri.


La richiesta che il Dalai Lama ha fatto al ragazzo era solo uno ‘scherzo’, o era un invito a fare qualcosa di inappropriato? Non lo sapremo mai.

Non possiamo dirlo con certezza. Ma mi aspetto che lo staff del Dalai Lama lo porti immediatamente da un neurologo. Perché non si tratta di giustificarlo. Si tratta di capire cosa sta succedendo nel suo cervello.

Personalmente, non credo che la spiegazione dello ‘scherzo’ regga. Il Dalai Lama è sempre stato ben consapevole di ciò che ‘l’Occidente' potrebbe pensare guardando questo tipo di interazione. A mio parere, senza esprimere giudizi, sarebbe opportuno un esame neurologico. Perché anche la ‘scherzosità’ di un gesto del genere, se non sono state calcolate le ‘risposte’ e le ‘reazioni’ della massa, potrebbe rappresentare un errore di valutazione. E per chiunque abbia un minimo di conoscenza della neurologia, un errore del genere suggerisce immediatamente un problema in alcune aree del suo cervello, considerando la sua età. Ha sempre saputo benissimo con chi ha a che fare e di cosa sono capaci i media.


Inoltre, a mio parere, il ragazzino coinvolto e la sua famiglia hanno bisogno di qualcosa di più delle semplici scuse e di deboli spiegazioni. Un evento come questo può essere traumatico per un ragazzo, per la sua famiglia e anche per tutti i seguaci.

E credo che capire cosa è successo sarebbe utile per loro - per il ragazzo, per la sua famiglia e anche per i seguaci.

E per tutti noi.

Un'ondata di odio e di critiche malvolenti, così come l'accettazione cieca del gesto in nome della ‘tradizione’, non è di certo utile a nessuno.


Possiamo discutere per anni su quanto sia salutare imporre il celibato e la castità in nome di una religione, ma anche questo non aiuterebbe nessuno in questo momento.


Abbiamo bisogno di un po' più di conoscenza della natura umana e del funzionamento del cervello prima di giudicare qualsiasi cosa, e anche prima di prendere posizione.

Possiamo discutere per anni su quale tipo di condizionamento e formazione abbia subito l'uomo dietro il ‘santo’.

Possiamo chiederci se questo tipo di formazione spirituale funzioni o meno, perché ci aspetteremmo che un uomo addestrato alle pratiche spirituali sia ‘al di là’ di questo tipo di pulsioni - se vogliamo interpretare il gesto come qualcosa di legato a implicazioni sessuali.

Forse era la sua natura, una natura per la quale ha combattuto con successo per tutta la vita, fino ad ora.

Forse é stato qualcosa di cui non era nemmeno consapevole.

O forse é stato il risultato di una rete neurale disfunzionale nel suo cervello in quel preciso momento.


Possiamo continuare a discutere, a giudicare e a fare ipotesi, ma questo non sarebbe comunque d'aiuto.

Sto leggendo un libro illuminante intitolato "L'uomo che non c'era - Storie ai limiti del sé" di Anil Ananthaswamy, che tratta di diversi casi neurologici ma narrati in modo tale da renderli comprensibili a chiunque. Non siamo in grado, dal punto di vista scientifico, di capire cosa succede alla nostra coscienza quando il nostro cervello funziona in modo diverso dal solito.

Non sappiamo nemmeno cosa sia la ‘coscienza’ e dove si trovi.

Credo che il cervello sia l'organo fisico che ci permette di manifestare la nostra coscienza attraverso il nostro corpo fisico e la nostra vita. Ma non abbiamo ancora risposte, nemmeno sul perché certe persone possano improvvisamente cambiare e diventare 'qualcun altro’ quando il cervello cambia il suo modo di funzionare.

Quindi, in caso di eventi come questo, suggerirei di diventare un po' più curiosi su come una cosa del genere possa accadere - perché purtroppo cose del genere possono accadere - invece di lasciarsi condizionare dal senso comune.

E, soprattutto, suggerirei di iniziare a chiedersi: se la mia ‘bestia interiore’ si scatenasse all'improvviso... che aspetto avrebbe?

E Cosa ho fatto finora per riconoscerla e domarla?


Il nostro lato oscuro è sempre lì, in attesa di essere visto, riconosciuto, compreso, abbracciato, domato e integrato. Gran parte della nostra forza potrebbe derivare dall'integrazione del nostro lato oscuro. I problemi iniziano quando lo neghiamo, lo trascuriamo e lo rifiutiamo.

Dimentichiamo che è una parte di noi. Essendo una parte di noi, deve essere integrata per renderci integri. Non possiamo far finta che non esista.

Lo so, è scioccante constatare che i nostri modelli di perfezione non sono altro che esseri umani, con difetti e mancanze.

Forse è per questo che un maestro spirituale disse, molto tempo fa: "Se incontri il Buddha sulla strada, uccidilo". Perché dobbiamo ricordare che può essere molto utile guardare a modelli, maestri e insegnanti e seguirli. Ma non possiamo delegare loro il lavoro che spetta a noi.

Il loro ruolo è quello di indicarci un percorso. Loro fanno del loro meglio per percorrerlo, e possono anche fallire. Questo non significa che il cammino sia inutile.

Significa che ognuno di noi è responsabile delle proprie azioni.

Non si tratta di ciò che è giusto o sbagliato.

Non si tratta di disgusto e vergogna, né di giustificazioni e accettazione cieca.

Non si tratta di schierarsi.

Si tratta di 'far luce'.

Si tratta di trovare le ragioni per cui è successo e di chiamare le cose con il loro nome, quello appropriato.

Questo porterebbe chiarezza e pace.

Altrimenti, continueremo a discutere per difendere mere opinioni.

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